venerdì 30 marzo 2012

MoH # 01-03 - Dance of the Dead (2005) - Tobe Hooper

Dance of the Dead – La Danza dei Morti è il terzo episodio della prima stagione della serie antologica Masters of Horror, andato in onda l’ 11 Novembre 2005.
Diretto da Tobe Hooper e tratto da un omonimo racconto di Richard Matheson, vede la presenza nel cast dell’ attore Robert Englund.

SINOSSI (Spoilers)
Post III Guerra Mondiale. Il mondo sembra abbandonato quanto mai a se stesso a causa di un’ epidemia. Depravazione, droga, violenza e pestilenza scorrono fra le strade. I malati ormai appestati affetti da convulsioni vengono gettati nei cassonetti e arsi ancora “vivi”.
La sedicenne Peggy vive insieme alla madre, mandando avanti a stento una piccola tavola calda. Jak e Boxx sono due ragazzi che si procurano da vivere assalendo poveri anziani per strada e rubando loro piccole quantità di sangue da rivendere poi a MC.
MC è il viscido proprietario di un particolare club per adulti nella perversa città di Muskeet, il Doom Room, ed il sangue serve a rendere possibile il pezzo forte del locale, uno show in cui “tutto l’ orrido è concentrato”: la Danza della Morte.



Non a caso Tobe Hooper è uno dei Masters of Horror. A lui si devono i primi due capitoli della saga The Texas Chainsaw Massacre – Non aprite quella Porta, rispettivamente del 1974 e 1986, Eaten Alive – Quel Motel vicino alla Palude, del 1977, e il primo capitolo della trilogia Poltergeist – Demoniache Presenze, del 1982.
Nel 1979 gira il film per TV Salem’s Lot – Le Notti di Salem, mentre è del 1995 The Mangler – La Macchina Infernale, con Robert “Freddy” Englund, entrambi tratti da racconti di Stephen King.
Fra gli altri, dirige nel 1993 l’ episodio The Eye del film collettivo Body Bags – Corpi Estranei, assieme a John Carpenter e Larry Sulkis, film in cui appaiono in piccole parti registi come Wes Craven, Sam Raimi e Roger Corman.
Per Masters of Horror dirige il suddetto episodio e The Damned Thing – Discordia, primo episodio della seconda stagione.




La trama, adattata da Richard Christian Matheson, è l’ adattamento di un omonimo racconto breve del padre, Richard Matheson. A lui si devono racconti come I Am Legend – Io Sono Leggenda, Duel, The Incredible Shrinking man – Tre Millimetri al Giorno, What Dreams May Come – Al di là dei Sogni, tutti adattati per il grande schermo. 
È inoltre sceneggiatore per diversi film e serie TV, come The Twilight Zone – Ai Confini della Realtà, di cui vale la pena citare il celebre episodio Nightmare at 20,000 Feet, da un proprio omonimo racconto.




La protagonista Peggy è interpretata da Jessica Low, partecipe negli horror The Haunting of Molly Heartley e Autopsy, entrambi del 2008, oltre che nel Lovecraftiano Altitude, del 2010.

Sua madre Kate è l’ attrice Marilyn Norry, già vista in numerose serie TV e pellicole, tra cui The Exorcism of Emily Rose, del 2005, Jennifer’s Body, del 2009, e Beyond the Black Rainbow, del 2010.


Jak è Johnathan Tucker, protagonista di The Texas Chainsaw Massacre, remake del 2003.


Boxx è Ryan Mcdonald, anche lui in The Exorcism of Emily Rose, ed in Halloween: Resurrection, del 2002, ottavo capitolo della saga iniziata da John Carpenter nel 1978.


MC è l’ attore Robert Englund, celebre per aver indossato i panni dell’ onirico maniaco omicida Freddy Krueger, in tutti i film della saga originale di Nightmare, iniziata da Wes Craven nel 1984, nonché nei due spin-off Wes Craven’s New Nightmare, diretto nel 1994 sempre da Craven, ed in Freddy vs Jason, del 2003. Partecipa inoltre alla serie televisiva antologica Freddy’s Nightmares, di 44 puntate, in cui il personaggio ha il ruolo di presentatore nella cornice. L’ episodio pilota della serie, No More Mr. Nice Guy, è diretto da Tobe Hopper.
I due lavoreranno inoltre insieme in Eaten Alive – Quel Motel vicino alla Palude, The Mangler – La Macchina Infernale, e in Night Terrors – Le Notti Proibite del Marchese de Sade, del 1995.




Dance of the Dead – La Danza dei Morti si rivela un ottimo mediometraggio. Sebbene inizialmente presenti un taglio da “Serie TV” a basso budget, in un secondo momento lo stile si innalza, grazie ad un ottima regia, buone fotografia e scenografia ed un particolare montaggio a tratti volutamente confuso e frenetico. 
Buona la recitazione e pienamente calzante il personaggio di MC su Englund. Non ottimo purtroppo il doppiaggio Italiano, specie sulla protagonista.
Scorrevole ed interessante la trama. Non eccezionali ma buoni i pochi effetti digitali.


A seguire il trailer dell' episodio..
QUI gli episodi recensiti..

giovedì 29 marzo 2012

MoH # 01-02 - H.P. Lovecraft’s Dreams in the Witch-House (2005) - Stuart Gordon

H.P. Lovecraft’s Dreams in the Witch-House – La Casa delle Streghe è il secondo episodio della prima stagione delle serie Masters of Horror, diretto da Stuart Gordon e tratto da un racconto di H.P. Lovecraft.
È andato in onda per la prima volta il 4 Novembre del 2005.

SINOSSI (Spoilers)
Walter, laureando in fisica, è alla ricerca di una tranquilla camera in affitto dove poter finire la sua tesi sulla Teoria delle Stringhe e gli Universi Paralleli.
La soluzione più economica è accettare la piccola stanza in una vecchia casa, già occupata, oltre che dal padrone, da un vecchio semi-demente ed da una ragazza madre.
La casa è in realtà tutt’ altro che tranquilla, fra i topi, i pianti del bambino, le rumorose preghiere del vecchio intervallate da sinistri colpi, e gli strani rumori che provengono dalle pareti.
Ma presto, fra antichi riti, oniriche visioni e oscure presenze, Walter avrà ben altro di cui preoccuparsi, a scapito della propria sanità mentale..


La trama, adattata da Gordon assieme al suo frequente collaboratore Dennis Paoli, si rifà al racconto The Dreams in The Witch House – I Sogni nella Casa Stregata, conosciuto anche semplicemente come La Casa delle Streghe, scritto da H.P. Lovecraft nel 1932. 
Il racconto aveva già ispirato nel 1968 il film Curse of the Crimson Altar -- Black Horror - Le Messe Nere, con Boris Karloff e Christopher Lee.

L’ accoppiata Stuart GordonH.P. Lovecraft non è certo nuova. A Gordon si deve il cult Re-Animator, del 1985, basato sul racconto Herbert West-Reanimator, scritto fra il 1921 e il 1922.
Nel 1986 dirige From Beyond, ispirato dall’ omonimo racconto breve del 1920, mentre è del 2001 il film Dagon – La Mutazione del Male, il cui titolo si rifà all’ omonimo racconto del 1919, ma la cui trama riprende per lo più  quella di The Shadow Over Innsmouth – La Maschera di Innsmouth, del 1931. Il film Caste Freak, del 1995, riprende invece alcuni elementi da The Outsider, del 1926.
Anche i collegamenti con Edgar Allan Poe non mancano,  con il film The Pit and the Pendulum – Il Pozzo e il Pendolo, del 1991, e con The Black Cat – Il Gatto Nero, undicesimo episodio della seconda stagione di Masters of Horror.
Ha inoltre diretto Eater – Il Suono della Morte, quinto episodio della serie Fear Itself.

Il protagonista Walter Gilman  è l’ attore Ezra Godden, già protagonista nel 2001 di Dagon – La Mutazione del Male.

 Il vecchio, Masurewicz, è interpretato dall’ attore e doppiatore Campbell Lane, partecipe nell’ episodio New Year’s Day – Festa di Capodanno della serie Fear Itself, diretto da Darren Lynn Bousman. Dal 1994 al 1996 partecipa ad alcuni episodi della serie X-Files, mentre nel 2003 è nel film Dreamcatcher – L’ Acchiappasogni, tratto da un racconto di Stephen King.
Poco rilevante il resto del cast, fra cui Chelah Horsdal nel ruolo di Frances Elwood, la ragazza, Yevgen Voronin è invece il ratto, mentre la strega è Susanna Uchatius. Il piccolo Danny è interpretato dai gemelli David e Nicholas Racz.




Su La Casa delle Streghe c’è poco da dire, se non che si tratta di un mediometraggio molto piacevole. Lo svolgersi della trama risulta intrigante, ben strutturato e mai noioso.
Nel commento al film From Beyond, il regista Stuart Gordon e Brian Yuzna, direttore di Bride of Re-Animator – Re-Animator 2 nel 1991 e di Beyond Re-Animator nel 2003, rivelano di aver pensato di adattare il racconto sin dagli anni ’80.
Non mancano piccoli omaggi ad altre opere di Lovecraft, come ad esempio a The Rats in the Walls – I Ratti nei Muri, del 1923, nella frase << This house is infested with rats. I can hear them in the walls.. >>.

Impossibile, in alcuni passaggi, non pensare a film come Shining, di Stanley Kubrick, The EvilDead – La Casa di Sam Raimi o Rats – Notte di Terrore, del 1984 di Bruno Mattei.
Apprezzabile il taglio stilistico, buone le scenografie, con un limitato uso di superflui effetti speciali digitali e la propensione ad effetti più semplici ma efficaci, come make-up e animatronics.
Fra tensione e splatter non mancano inoltre alcuni momenti di ironia.


A seguire il trailer dell' episodio e un' intervista a Stuart Gordon.
QUI gli altri episodi della serie..



lunedì 26 marzo 2012

MoH # 01-01 - Incident On and Off a Mountain Road (2005) - Don Coscarelli


Incident On and Off a Mountain Road – Panico sulla Montagna è il primo episodio della prima stagione della serie Masters of Horror, trasmesso il  25 Ottobre 2005.
È diretto da Don Coscarelli,  universalmente noto per la tetralogia di Phantasm, e per la piccola commedia horror, ormai cult, Bubba Ho-Tep, del 2002 con Bruce Campbell.

TRAMA (eventuali Spoiler)
È una limpida notte di luna piena ed Ellen è alla guida su una sperduta strada di montagna, quando si ritrova d’ improvviso coinvolta in un incidente con una macchina abbandonata nella carreggiata. È vuota ed una scia di sangue parte dallo sportello sino a scendere oltre il cavalcavia. Qui un uomo trasporta via la sua vittima, e  presto tornerà anche per Ellen. Il suo volto non è propriamente umano.
L’ unica via di fuga è il bosco, luogo in cui l’ unico modo che la ragazza avrà per salvarsi sarà mettere in atto gli insegnamenti tattici a cui il suo paranoico ragazzo l’ aveva in passato sottoposta..

L’ episodio si basa su un omonimo racconto del prolificissimo Joe R. Lansdale, scrittore dello stesso Bubba Ho-Tep, oltre che di varie sceneggiature per fumetti e serie animate (nonché inventore del “Maverick Kenpo”).
Ad adattare il tutto, oltre che Coscarelli e Lansdale, c’è Stephen Romano, scrittore, sempre assieme ai due, di Bubba Nosferatu: Curse of the She Vampires, atteso prequel con Ron Perlman di Bubba Ho-Tep.
Un secondo racconto di Lansdale, The Fat Man, era stato sceneggiato dallo scrittore Neal Barrett Jr. per essere nella seconda stagione della serie, ma è stato poi cancellato.


La protagonista Ellen è la non eccezionale Bree Turner, vista poi nel 2006 in Jekyll + Hyde, di Nick Stillwell. Bruce, il ragazzo di Ellen, visto unicamente in flashback, é Ethan Embry, protagonista nel 2009 di Chance, decimo episodio della serie Fear Itself.
Il Killer, soprannominato Facciadiluna, “Moonface”, è John De Santis, visto nel 2001 in Thir13en Ghosts – I Tredici Spettri e in The Hole in 3D di Joe Dante, oltre che in numerosi cameo e comparsate in film e serie tv legati, in ruoli minori solitamente legati alla sua altezza record di 206 cm.
Nella marginale parte di Buddy, il personaggio assolutamente meglio interpretato fra tutti, troviamo invece Angus Scrimm, meglio noto come il Dr. Jebediah Morningside, il telecinetico becchino Tall Man nei 4 film della saga Phantasm – Fantasmi, diretti da Coscarelli fra il 1979 e il 1998, nonché partecipe in pellicole come Wishmaster nel 1997, e I Sell the Dead assieme a Ron Perlman nel 2008.


Per essere il primo episodio della serie mandato in onda c’è da dire che va male, molto male.
Una sceneggiatura sempliciotta e banale, con situazioni viste e riviste, ed in più recitate in modo arrangiato. 

L’ incipit ricorda ad esempio molto da vicino il film Wrong Turn – Il Bosco ha Fame, diretto nel 2003 da Rob Schmidt, regista per Masters of Horror di Right to Die – dal Coma con Vendetta, nono episodio della seconda stagione, nonché di The Spirit Box – Spiriti, undicesimo episodio della serie Fear Itself.
La resa estetica è pessima, specie in alcune  scenografie palesemente posticce, con effetti digitali al limite della decenza. Nulla di particolare il sound.
Alcune situazioni risultano semplicemente poco studiate, come ad esempio la continua presenza di tuoni e lampi, nonostante il cielo, più volte inquadrato, sia sgombro da nuvole.

Notabile, invece, la presenza di alcune piacevoli scene splatter, e buono l’ inaspettatissimo finale a sorpresa..
C’è da dire tuttavia che come primo episodio invoglia ben poco..


A seguire un trailer.
QUI la lista degli episodi recensiti..  

domenica 25 marzo 2012

Masters of Horror (2005)



Era una sera del 2002, e quelle che sedevano al tavolo di un non meglio precisato ristorante di Sherman Oaks, California, non erano persone comuni. Erano dei Masters of Horror.

“The Masters of Horror order dessert!”  
John Landis: << It’s really funny the way these projects began.
There was this television documentary called Masters of Horror ( ndr. Documentario del 2002 conosciuto anche come Boogeymen II: Masters of Horror presentato da Bruce Campbell, e sequel di Boogeymen: The Killer Compilation, del 2001), and it was about George Romero, Tobe Hooper, Wes Craven, John Carpenter, Guillermo Del Toro and myself, and a whole bunch of horror movie directors.
Mick Garris called everybody and said, ‘Hey, we should have a dinner and call it the "Masters of Horror Dinner!" ’.
So we met in the Valley last year: Guillermo, Tobe, myself, Sam Raimi and Carpenter, David Cronenberg was there once…a whole bunch of people, and it was very fun, because we got very silly and it was like: “The Masters of Horror have coffee!” or “The Masters of Horror order dessert!” >>

Direttamente dal Flickr di Wes Craven..
Si trattava della prima di una lunga serie di cene organizzate dal regista Mick Garris, cene a cui nel corso degli anni hanno preso parte i registi più influenti, o anche solo amanti, del genere, come John Carpenter, Tobe Hooper, Joe Dante, Stuart Gordon, Larry Cohen, John Landis, William Malone, Don Coscarelli, Guillermo Del Toro, Sam Raimi, David Cronenberg, Quentin Tarantino, Robert Rodriguez, Eli Roth, Dario Argento, Wes Craven e chi più ne ha più ne metta..

Ma Mick Garris non si è limitato ad unire i Masters of Horror solo a tavola (per la gioia di Del Toro).
Nel 2005, infatti, produce la serie Masters of Horror. Si tratta di una serie antologica, ovvero i cui episodi sono totalmente slegati l’ uno dall’ altro, e sono uniti unicamente dal tema dell’ Horror. Serie simili sono la celeberrima Twilight Zone – Ai Confini della Realtà, 1959/2003, Alfred Hitchcock Presents, 1959/1962, Tales from the Crypt – I Racconti della Cripta, 1989/1996, Hammer House of Horror, 1988, Are You Afraid of the Dark?, 1992/2001, e Piccoli Brividi, 1995/1998, Nightmares and Dreamscapes –Incubi e Deliri, 2006, Freddy's Nightmares, 1988/1990.
Ogni film, ovviamente, è affidato alla regia di un diverso regista e di un diverso sceneggiatore, a cui è data piena libertà artistica. Unici limiti della produzione sono: 1,5 milioni di Dollari di Budget, un’ora di durata, nessun nudo maschile e nessuna violenza commessa da bambini su altri bambini. 
Robert Englund nell' episodio Dance of the Dead
È facile capire come quindi la serie spazii vastamente dalla tensione allo splatter più crudo.
Naturalmente anche il cast riprende famosi attori associati a ruoli horror, come Robert Englund, famoso per aver indossato la maschera di Freddy Krueger nella serie Nightmare, Tony Todd, dalla trilogia di CandyMan, o Angus Scrimm, dalla serie Phantasm.
Alcuni episodi riprendono le storie di grandi della letteratura dell' orrore, come Edgar Allan PoeH.P. Lovecraft e Richard Matheson.



Mick Garris: << It's a long story. But a couple years ago, I organized informal gatherings of genre directors for the occasional dinner together. They have been great fun. I had been trying to create a horror anthology with they guys who really know how to make scary movies, and I went to several of the veterans and asked if they would be interested. To my amazement, we got fully financed without even having a network attached, and the guys were enthusiastic about it.
This is a 'no-rules' show. It's being produced completely independently, and as long as it can be done on time and on budget, the creative issues are in the hands of the directors. There are no commercials, and there is no real censorship. I don't really want to get into specifics at this point, but some of them even go too far for me!... >>
  John Landis: << We’ve done that four or five times now, with different people every time, but the good thing Garris did was he put together a deal with this company to make a series of movies called MASTERS OF HORROR - which I think is a really stupid label - where each one of us is supposed to direct a movie, so now we are doing it. They are giving us a budget of $1.5 million for each film, and with that money we can basically do anything we want, as long as it’s shot in Vancouver, with the same crew. And it has to be scary, somehow!
"I’m doing the first one," Landis continues, "and John Carpenter, Tobe Hooper, Sam Raimi, George Romero and Hideo Nakata are all doing one. They’re trying to make it much more international now. It’s an interesting deal because Anchor Bay owns the DVD rights only for the United States, so we are free to do whatever we want on everything else. So we might do a feature, cutting together 



two or three episodes, or something for cable television. What’s fun is that because it’s DVD, there’s no censorship at all, so MASTERS OF HORROR is going to be pretty gruesome and outrageous. >>
Ci rendiamo conto?
John Carpenter: << It's a little series we're doing for Showtime. We each have an hour. Each of us has an hour to shoot in ten days. And the first director they got was John Landis. He's now way over budget and way over schedule. So there may not be anymore 'Masters of Horror'. He may do them in. Dario Argento starts next week. They pushed me later on the schedule because they're going to take all the money out of my show and put it in everybody else's... I'll be shooting in July at some point. As I said, the first director up was John Landis.

Last night I had dinner with Dario Argento. He's the second one up. They are going to kick the crew's ass so by the time I get there you know. It'll be fun to do. >>

 Inizialmente finanziata dalla Anchor Bay Entertainment come prodotto Direct-to-DVD, la serie è stata poi trasmessa dal canale via cavo americano Showtime, dal 2005 al 2007.
In totale sono state prodotte 2 stagioni di 13 episodi ciascuno (è il caso di dire “13 a tavola”), mentre una terza stagione spirituale è stata prodotta da Garris assieme alla Lionsgate, dando vita nel 2008 alla miniserie Fear Itself, sempre di 13 episodi.

La serie ha inoltre dato vita ad un poco prolifico spin-off di 6 puntate, Masters of Science Fiction, dal tema fantascientifico.
È tutta italiana, invece, l’ iniziativa Italian Masters Horror, ufficializzata ormai dal Giugno del 2006, e prodotta addirittura dall’ Istituto Luce, ma di cui si sa ancora poco. Si tratta di 4 lungometraggi per il cinema ed il mercato DVD, Murder House – La Casa del Delitto, di Lamberto Bava, Horror Baby – La Bimba dell’ Orrore, di Umberto Lenzi, The Corners of the Night – Gli Angoli della Notte, di Sergio Martino, mentre il quarto progetto appartiene al meno noto Nicola Rondolino. Per approfondimenti si rimanda a Splatter Container.
Umberto Lenzi: << Ho accettato con entusiasmo, specialmente per il desiderio di confrontarmi con il digitale, la post-produzione e la possibilità di evadere la censura televisiva, visto che i registi come me non possono proprio lavorarci. Il mio Horror Baby sarà una horror ambizioso, senza ricorso al fantastico, quindi a zombi e nemmeno a serial killer estremi, ma avrà per protagonista una quindicenne disabile che dovrà affrontare eventi agghiaccianti. Un racconto sul quotidiano in cui cercherò di esprimere il mio stile. >>
Lamberto Bava: << Girerò il mio Murder House in una villa torinese dove, mentre un musicista suona, avvengono degli omicidi brutali. Stilisticamente cercherò di rifarmi allo stile dei miei film più "chiusi", come Demoni. >>

Qui il Sito Ufficiale della serie, mentre, a seguire, gli splendidi titoli di testa e l’ elenco degli episodi recensiti.




venerdì 23 marzo 2012

The Doom that Came to Sarnath (1919) - H.P. Lovecraft




The Doom that Came to Sarnath, a volte tradotto semplicemente come La Rovina di Sarnath, è una breve storia scritta da Howard Phillips Lovecraft nel 1919, e pubblicata per la prima volta sulla rivista The Scot, nel 1920.
L' onirico racconto, parte del Dream Cycle, si riallaccia a storie come Polaris, The Dream-Quest of Unknown Kadath, The case of Charles Dexter Ward e From Beyond.
Pare sia stato ispirato da un sogno..


Nella terra di Mnar c'è un gran lago interno che non viene alimentato da fiumi e da cui non escono torrenti. Diecimila anni fa sorgeva su quelle rive la città di Sarnath, oggi scomparsa.
Si racconta che negli anni lontanissimi in cui il mondo era giovane, e prima che il popolo di Sarnath arrivasse a Mnar, un'altra città sorgesse nei pressi del lago: era chiamata Ib, la capitale di pietra grigia, antica quanto il lago stesso e abitata da esseri poco gradevoli. Erano creature brutte e strane, come lo sono spesso i figli di un mondo ancora indefinito e in formazione. Sui cilindri di mattoni di Kadatheron è scritto che gli abitanti di Ib erano di colore verde come il lago e le sue nebbie; che avevano occhi sporgenti, labbra grosse e flaccide, orecchie strane. Non avevano voce, ma è scritto che una notte arrivarono dalla luna in una spirale di nebbia, e che insieme a loro giunsero il lago e la città di Ib. Sia vero o no, è certo che adorassero un idolo di pietra verdemare che nella forma ricordava Bokrug, il gran rettile acquatico, e che danzassero davanti a lui quando la luna era a tre quarti. E sul papiro di Ilarnek è scritto che un giorno scoprirono il fuoco, e da allora in poi lo accesero in molte cerimonie. Ma non si sa molto di quelle creature, perché vissero in tempi antichissimi e l'uomo, che è giovane, ignora quasi tutto delle forme di vita precedenti.

Dopo innumerevoli cicli gli uomini arrivarono nella terra di Mnar: erano i pastori dai capelli scuri che costruirono Thraa, Ilarnek e Kadatheron sul tortuoso fiume Ai. Alcune tribù, più ardimentose delle altre, si avventurarono sulle sponde del lago e costruirono Sarnath in un punto in cui abbondavano i metalli preziosi.
Le prime pietre di Sarnath furono deposte non lontano dalla grigia Ib, e quando videro i suoi abitanti i coloni si meravigliarono parecchio. Ma allo stupore era misto l'odio, perché non ritenevano degno che esseri di quell' aspetto calcassero la terra degli uomini, specie di sera, e non amavano le sculture sui grigi monoliti di Ib, tanto antiche da far paura. Nessuno sa come quegli esseri e le loro opere durassero così a lungo, addirittura fino alla comparsa dell'uomo: ma forse la spiegazione sta nel fatto che la terra di Mnar è molto tranquilla e lontana dalla maggior parte degli altri paesi, sia reali che di sogno.
Più gli uomini di Sarnath osservavano gli abitanti di Ib, più il loro odio cresceva, rinfocolato dalla scoperta che erano creature deboli e che al contatto di pietre, lance o frecce risultavano molli e gelatinose. Così, i giovani guerrieri di Sarnath si misero in marcia verso Ib armati di lancia, arco e fionde. Una volta arrivati massacrarono le creature e gettarono i corpi nel lago con le lance, perché non volevano toccarli; e siccome aborrivano i monoliti scolpiti di Ib, gettarono nel lago anche quelli, chiedendosi come si potessero erigere oggetti così pesanti (in tutta Mnar e nei paesi vicini non c'era niente di simile, ragion per cui dovevano averli portati da lonta-no).
Così, dell'antica città di Ib non fu risparmiato niente tranne l'idolo verdemare che rappresentava Bokrug, il rettile acquatico. I giovani guerrieri lo portarono a Sarnath come simbolo della vittoria sui vecchi dei e gli abitanti di Ib, ma anche della loro supremazia su Mnar. Tuttavia, la notte che fu messo nel tempio dovette accadere qualcosa di orribile, perché sul lago furono avvistate luci verdi e la mattina la gente scoprì che l'idolo era scomparso. Quanto al gran sacerdote, Taran-Ish, era morto per quello che sembrava un terribile spavento, ma prima di spirare aveva tracciato sull' altare di crisolito il simbolo della distruzione finale.

Dopo Taran-Ish ci furono molti sacerdoti a Sarnath, ma l'idolo di pietra verde non fu ritrovato. Passarono molti secoli, mentre la città prosperava in maniera incredibile, e ormai solo i preti e le donne anziane ricordavano il segno che Taran-Ish aveva tracciato sull'altare. Fra Sarnath e la città di Ilarnek fu costruita una carovaniera e i metalli preziosi vennero scambiati con altri metalli, stoffe rare, gioielli, libri, strumenti per tutte le arti e innumerevoli oggetti di lusso noti alle popolazioni del fiume Ai e oltre. E Sarnath divenne forte, raffinata e stupenda, e mandò eserciti a conquistare le città vicine. E col tempo sedettero a Sarnath i re di tutta Mnar, e poi di numerose terre vicine.
Sarnath la sublime era la meraviglia del mondo e l'orgoglio del genere umano. Le sue mura, di marmo finissimo estratto dal deserto, erano alte trecento cubiti e spesse settantacinque: i carri guidati sui bastioni avevano spazio per sorpassarsi. Erano lunghe ben cinquecento stadi e aperte solo dalla parte che guardava il lago, dove una grande diga di pietra teneva a bada le onde che una volta all'anno, nella ricorrenza della distruzione di Ib, si alzavano misteriosamente dalla superficie. A Sarnath c'erano cinquanta strade che correvano dal lago alle porte delle carovane, e altre cinquanta le intersecavano. Erano pavimentate d'onice, ma quelle su cui passavano cavalli, cammelli ed elefanti erano coperte di granito. Le case di Sarnath erano di mattoni smaltati e calcedonio, e ognuna aveva un giardino recintato e un laghetto di cristallo. Venivano costruite con strani procedimenti, perché nel mondo non ce n'erano altre simili, e i viaggiatori di Thraa, Ilarnek e Kadatheron si meravigliavano alla vista delle cupole splendenti da cui erano sormontate.
Ma ancora più belli erano gli edifici pubblici e i templi, e i giardini voluti dall'antico re Zokkar. E c'erano molti palazzi, i minori fra i quali sarebbero passati per capolavori a Thraa, Ilarnek e Kadatheron. Alcuni erano così alti che gli occupanti potevano immaginare di essere in cielo, e quando venivano illuminati con torce bagnate nell'olio di Dothur le pareti rivelavano enormi affreschi che raffiguravano re ed eserciti, in uno splendore che ispirava e stupiva l'occhio. Le colonne che reggevano i palazzi erano moltissime, tutte di marmo colorato e scolpite in motivi di bellezza insuperabile. Nella maggior parte degli edifici i pavimenti erano costituiti da mosaici di berillio, lapislazzuli, onice, carbonchio e altri materiali sceltissimi, disposti in modo tale che l'osservatore aveva l'impressione di camminare su letti dei fiori più pregiati. E c'erano fontane della stessa bellezza che riversavano getti d'acqua profumata, creando effetti scenografici. Ma il più bello era il palazzo del re di Mnar e delle altre terre. Il trono poggiava su due leoni d'oro e numerosi gradini lo separavano dal pavimento lucente: era ricavato da un unico pezzo d'avorio, anche se nessuno ricorda da dove sia potuto venire un blocco simile. Nel palazzo c'erano infinite gallerie e anfiteatri dove uomini, elefanti e leoni combattevano per il piacere dei re. A volte gli anfiteatri venivano inondati con l'acqua portata dai grandi acquedotti e si inscenavano battaglie navali o terribili combattimenti fra uomini e micidiali creature marine.
I diciassette templi turriti di Sarnath, slanciati e stupefacenti, erano fatti con una pietra multicolore che non si conosce altrove; la torre più alta arrivava a mille cubiti e al suo interno vivevano i sacerdoti, in una magnificenza che aveva poco da invidiare a quella dei re. Al pianterreno, in sale enormi e splendide come quelle dei palazzi, le folle adoravano Zo-Kalar, Tamash e Lobon, gli dei principali di Sarnath, i cui altari avviluppati dal-l'incenso erano come troni di monarchi. Le raffigurazioni di Zo-Kalar, Tamash e Lobon non somigliavano a quelle degli altri dei perché erano così realistiche da dare l'impressione che sui troni d'avorio sedessero gli dei barbuti in persona; e in cima a una scala di splendidi zirconi si apriva la sala superiore, da cui gli alti sacerdoti contemplavano di giorno la città, il lago e la pianura, e di notte la luna misteriosa, le stelle e il loro riflesso nellago. Lì veniva recitato l'antichissimo esorcismo contro Bokrug, il rettile acquatico, e lì era collocato l'altare di crisolito su cui Taran-Ish aveva lasciato il simbolo della distruzione.
Un'altra meraviglia erano i giardini voluti dall'antico re Zokkar: si trovavano al centro di Sarnath ed erano circondati da un alto muro, e protetti da una possente cupola di vetro attraverso cui passava la luce del sole, della luna e delle stelle quando era sereno. Se il tempo era coperto, fulgide riproduzioni degli astri pendevano dalla volta. D'estate i giardini erano rinfrescati da correnti profumate mosse da opportuni ventilatori, d'inverno erano riscaldati da fuochi nascosti: in questo modo, al loro interno era sempre primavera. Fiumicelli che scorrevano su sassi lucenti, ed erano attraversati da numerosissimi ponti, dividevano giardini e aiuole di sfumature diverse; alcuni si trasformavano in cascate, altri sfociavano in laghetti ornati di fiori. Sui torrenti e i piccoli laghi nuotavano i cigni, mentre il canto di uccelli rari riproduceva l'armonia delle acque. Le sponde verdi salivano a formare terrazze ordinate e ornate qua e là da conche di fiori aromatici e vigne, da panche di marmo e sedili di porfido. Infine, minuscoli tempietti o semplici altari consentivano di riposare e pregare agli dei minori.

Ogni anno si celebrava a Sarnath la festa della distruzione di Ib e in quell'occasione abbondavano vino, canzoni, danze e divertimenti d'ogni tipo. Grandi onori venivano tributati alle ombre di coloro che avevano annientato le misteriose creature, e il loro ricordo e quello degli antichi dei veniva schernito da ballerini e liutisti cinti di rose nei giardini di Zokkar. E il re si affacciava sul lago e malediceva le ossa dei morti che giacevano sul fondo. In un primo momento i sacerdoti non avevano gradito una festa del genere, perché fra quelli della loro casta si tramandavano leggende sulla sparizione del grande idolo e sulla morte di Taran-Ish, stroncato dalla paura dopo aver vergato l'ultimo avvertimento; dicevano, inoltre, che dalla torre più alta si vedessero luci nelle acque del lago. Ma col passare degli anni, e poiché non si verificava nessuna calamità, anche loro cominciarono a ridere, a lanciare maledizioni e ad unirsi alle orge dei festanti. Non avevano compiuto essi stessi, nell'altissima torre, l'esorcismo contro Bokrug, il rettile acquatico? Mille anni di abbondanza e piaceri trascorsero a Sarnath, meraviglia del mondo e orgoglio di tutta l'umanità.
I festeggiamenti per il millesimo anniversario della distruzione di Ib furono inconcepibili. Se ne era parlato per dieci anni in tutta Mnar e quando si avvicinò la ricorrenza arrivarono a cavallo, a dorso di cammello e di elefante uomini di Thraa, Ilarnek, Kadatheron e di tutte le città di Mnar e paesi confinanti. Davanti alle mura di marmo, la notte della festa, furono piazzate le tende di principi e viaggiatori, e le sponde del lago risuonarono dei canti dei celebranti felici. Nella sala del banchetto dormiva il re, Nargis-Hei, ubriaco dei vini sottratti ai sotterranei di Pnath, la vinta, e circondato da nobili in festa e schiavi concitati. Durante la festa vennero servite strane prelibatezze: pavoni dalle isole di Nariel nell'Oceano di Mezzo, giovani capri dalle remote colline di Implan, gobbe di cammello del deserto di Bnaz, noci e spezie dei boschi cidatrici, perle di Mtal bagnata dalle onde disciolte nell'aceto di Thraa. Di salse c'era una quantità incredibile, preparate dai cuochi più raffinati di Mnar e adatte al palato di tutti i convitati. Ma la pietanza più ambita era costituita dai gran pesci pescati nel lago, tutti enormi e serviti in piatti d'oro incrostati di rubini e diamanti.

Mentre i nobili e il re gozzovigliavano all'interno del palazzo, ammirando la portata principale nei vassoi d'oro, altri si divertivano come potevano. I gran sacerdoti facevano baldoria nella torre del tempio massimo e i principi dei paesi vicini li imitavano nei padiglioni fuori le mura. Gnai-Kah, un sacerdote, fu il primo a vedere le ombre che calavano nel lago dalla luna a tre quarti e le minacciose nebbie verdi che si alzavano dalle sponde fino al cielo, avvolgendo in un alone sinistro le guglie e i tetti della condannata Sarnath. Poi, quelli che si trovavano nelle torri e fuori le mura videro strane luci sull'acqua e si accorsero che il gran masso di Akurion, una sporgenza rocciosa che s'innalzava maestosa nei pressi della riva, era quasi sommersa. Il terrore crebbe rapidamente ma in modo insinuante, sic-ché i principi di Ilarnek e della lontana Rokol ripiegarono tende e padiglioni e partirono alla volta del fiume Ai, benché quasi non si rendessero conto del perché.
Poi, verso la mezzanotte, le porte di bronzo di Sarnath si spalancarono e riversarono una folla impazzita che annerì la pianura, poiché tutti i notabili e i viaggiatori fuggivano in preda al terrore. Sui volti della folla era impressa un'espressione di pazzia che nasceva da un terrore schiacciante, e sulle labbra correvano parole così tremende che nessuno voleva soffermarsi a verificarle. Uomini con gli occhi dilatati dalla paura gridarono a squarciagola ciò che avevano visto nel salone reale, perché attraverso le finestre non apparivano più le figure di Nargis-Hei e dei suoi nobili e schiavi, ma un'orda di creature indescrivibili, silenziose e con gli occhi sporgenti, le labbra grosse e flaccide e orecchie stranissime; creature che danzavano orribilmente, stringendo nelle zampe piatti d'oro tempestati di gemme da cui guizzavano fiamme grottesche. E principi e viaggiatori che fuggivano dalla condannata Sarnath sui cavalli, cammelli ed elefanti, guardarono un'altra volta il lago avvolto dalle nebbie e videro che il grigio spuntone di Akurion era ormai sommerso.
I racconti di quelli che erano fuggiti da Sarnath si diffusero in tutta Mnar e nelle terre vicine, e le carovane impararono ad evitare la città maledetta e i suoi preziosi metalli. Passò molto tempo prima che qualcuno osasse avventurarsi da quelle parti, e anche allora solo i giovani della lontanissima Falona ebbero il coraggio di affrontare il viaggio: uomini dai capelli biondi e gli occhi azzurri che non avevano niente in comune con il popolo di Mnar. Gli avventurosi si spinsero sul lago per vedere Sarnath, ma pur avendo individuato il lago e il gran masso di Akurion che si innalza nei pressi della riva, non trovarono traccia della meraviglia del mondo e dell'orgoglio dell'umanità. Dove un tempo erano sorte mura di trecento cubiti e torri ancora più alte, ora regnava la sponda paludosa; dove un tempo avevano abitato cinquanta milioni di uomini ora strisciavano soltanto le verdi, detestabili lucertole acquatiche. Persino le miniere di metalli preziosi erano esaurite, perché la rovina si era abbattuta su Sarnath.
Ma, semisepolto fra le pietre, venne intravisto uno strano idolo verde, un idolo antichissimo incrostato d'alghe e modellato sulla figura di Bokrug, il gran rettile acquatico. Quell'idolo, conservato nel tempio maggiore di Har-nek, fu adorato in seguito in tutta la terra di Mnar, sotto la luna calante.

(The Doom that Came to Sarnath, H.P. Lovecraft, 3 dicembre 1919)

sabato 10 marzo 2012

The Graveyard (2008) - A Tale of Tales


Sei una fragile donna anziana. Alle tue spalle il frastuono di una città in movimento, davanti a te un lungo sentiero fra tombe e lapidi silenti. Cammini ricurva, con passo incerto e zoppicante. Ti fermi un attimo, ti tieni il fianco, stanca. Un cane abbaia in lontananza, mentre i corvi gracchiano. Il vento smuove le fronde e le nuvole scorrono proiettando al suolo le loro ombre cupe. Riprendi a camminare, poggiandoti sul tuo bastone, fino ad arrivare ad una panchina, sul retro di una cappelletta. Ti siedi, ed una ballata fiamminga inizia a suonarti nella testa. Parla di morte.


Questo non è l’ Incipit di The Graveyard. Questo è The Graveyard, piccolo gioiello dalla casa video ludica indipendente A Tale of Tales, rilasciato il 21 Marzo 2008.

“ Instructions: << You walk with her to the bench, in front of the chapel. You turn her around and let her sit down. She looks backwards to the bench when she is ready to sit. She sit.
When you are done, you walk with her back to the gate. And you both leave the graveyard to quit the game. >> ”

Tutto ciò che dovremo fare sarà guidare la vecchietta lungo il sentiero del cimitero, lasciandoci trasportare dai suoni d’ ambiente e dalla fotografia. Non sarà possibile prender altre vie, la telecamera sarà fissa verso la panchina. Qui ci siederemo, ed ascolteremo la ballata.
Dopodiché non ci resterà che rialzarci e lentamente tornar al cancello d’ uscita.

Parlare di The Graveyard come di un videogioco sarebbe totalmente incorretto. Risulta tuttavia un prodotto altamente difficile da catalogare.
The Graveyard è un’ esperienza grafica, una sorta di breve storia interattiva, è un prodotto atto a suscitare riflessioni ed emozioni.


Le azioni che abbiamo a disposizione sono limitate al camminare in avanti, indietro e girare su noi stessi. Ciò ci obbligherà ad immedesimarci nelle lente e faticose movenze della donna. Anche il solo girare su noi stessi sarà un’operazione lenta, così come lo sarebbe per la signora.

La fotografia in Bianco&Nero è ben curata, con ottimi giochi di luce e ombra, così come lo sono il sound e le animazioni.
La qualità grafica è proposta in 6 versioni: Fastest, Fast, Simple, Good, Beautiful, Fantastic.

La versione Trial e la versione a pagamento di The Graveyard sono praticamente identiche, se non per un piccolo ma molto importante particolare.
Chiunque abbia intenzione di spendere quei 5.00 dollari che costa non legga il prossimo paragrafo, poiché si negherebbe una delle più forti emozioni che il “gioco” ha da offrire..

SPOILER

Comprando la versione completa non andremo altro che a comprare l’ eventuale possibilità che l’ anziana signora, dopo essersi seduta sulla panchina, muoia.
Non si tratta tuttavia di una Morte vista in negativo, ma di una Morte vista come un avvenimento liberatorio, di liberazione dalla sofferenza, quasi fosse un premio per il lento e sofferente cammino della vita, simboleggiato dal sentiero.
Ovviamente non è detto che ciò avvenga ad ogni gameplay, poiché non compriamo una morte certa, ma una morte casuale.

È un peccato, sebbene lecito, che quest’ aggiunta venga comunque spoilerata dagli stessi sviluppatori, sia sul sito ufficiale che al finire della versione trial, poiché in quel poco tempo riusciremo ad immedesimarci ed affezionarci alla donna e la sua morte, se inaspettata, arriva come un duro colpo.
If you enjoyed this trial version of the Graveyard, you may be interested in acquiring the full version. The full version completes the experience with one extra feature: death.

FINE SPOILER

La ballata Komen te Gaan - Come to Go è scritta dal compositore fiammingo Gerry De Mol, già collaboratore con la A Tale of Tales per The Endless Forest, del 2009, e per il work in progress 8, presentato nel 2007.
Al link The Graveyard – Post Mortem: 5. Spotlight on Music Composer Gerry De Mol si può trovare il testo con un’interessante parafrasi eseguita dallo stesso compositore, in cui espone le varie fonti d’ ispirazione. Si può inoltre ascoltare un frammento della prima versione della ballata.

Sempre su The Graveyard – Post Mortem si può leggere un dettagliato diario di realizzazione del prodotto, a partire dall’ ideazione e animazione sino alla distribuzione.

Il “gioco” può essere scaricato dal sito ufficiale The Graveyard, sia in versione trial che in versione completa, per PC, Mac, iPod ed Android. Il peso è di circa 20 MB.

Chi  ha problemi con il download può guardare i due diversi gameplay, di circa 5 minuti, qui sotto. 
A seguire una versione abbozzata del gioco.